Focus Cgil Milano

Rubrica sul mercato del lavoro migrante in collaborazione con la Camera del Lavoro Metropolitana di Milano.
Se volete inviarci richieste di approfondimento scrivete a info@retemigrazionilavoro.it 

a cura di Antonio Verona
responsabile dipartimento Mercato del lavoro – Formazione e Ricerca di Cgil Milano
http://www.cgil.milano.it/dipartimento/mercato-del-lavoro/

Qualche settimana fa mi è stato affidato l’incarico di relazionare ad un convegno sul reddito di cittadinanza.
Si era a pochi giorni dalla pubblicazione della Legge di conversione del decreto che lo disciplinava, le circolari non erano ancora state emanate, le istituzioni, sebbene mobilitate, erano ancora impegnate alla realizzazione degli strumenti necessari e dubbi superavano le certezze.

Decisi allora di abbandonare la via della disciplina normativa e di soffermarmi sui concetti di base: la cittadinanza, soprattutto, che cos’è, quali devono essere le sue caratteristiche e attraverso quali strumenti viene supportata.

Mi è venuto, allora, in mente un episodio, apparentemente marginale, forse totalmente fuori contesto, ma non più di tanto, a pensarci bene. L’anno scorso un ragazzino, proveniente dal Mali, tentò di raggiungere l’Europa, come succede a tanti, ma, il destino gli aveva riservato un esito sfortunato, venne ripescato privo di vita e il suo corpicino, dall’apparente età di 14 anni, non aveva avuto nemmeno l’onore di far conoscere il suo nome.
E’ presumibile che sia andato perduto il suo scarso bagaglio, ma una cosa no, quella gli era rimasta addosso.
Era l’oggetto più prezioso, tanto pregiato che aveva pensato di assicurarla, cucendola, ai propri abiti: era la sua pagella.

Per lui la sua pagella era il suo certificato di cittadinanza, perché, sempre per lui, la cittadinanza è,  prima di ogni altra, conoscenza, istruzione, valore di sé nella sicurezza.

Decisi allora di dedicare a lui, quel ragazzino senza nome, la relazione che andai a svolgere e mi fu facile, a quel punto,  declinare la cittadinanza all’istruzione, alla libertà, libertà di muoversi, alla sicurezza sociale;  quando questi valori non vengono assicurati non c’è risarcimento che tenga, nemmeno in forma di reddito.

Sarà forse per questo che il reddito di cittadinanza viene riservato a chi risiede in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo.

Una trovata bizzarra, che impedisce soprattutto agli italiani che hanno deciso di tornare al proprio Paese dopo aver trascorso un periodo all’estero, di accedere al beneficio.

Infatti l’impedimento non ha avuto, in una prima fase, esiti significativi a carico dei migranti che hanno risposto alla possibilità di accedere a reddito di cittadinanza in questo modo:

% delle principali domande presentate a Milano da cittadini stranieri  confrontata con la % di cittadini stranieri residenti nella città metropolitana di Milano – Elaborazione da dati INPS e ISTAT


Prendendo in considerazione il primo mese di applicazione del reddito di cittadinanza, cioè marzo 2019, le domande presentate all’INPS della città metropolitana di Milano, sono state, complessivamente,  26.000;  di queste 9.100 provengono da nuclei familiari composti da cittadini migranti: circa il 35% del totale.

Le etnie che presentano un’incidenza % di domande superiore alla densità di residenti, sono quelle provenienti dall’Egitto e dal Marocco, forse a motivo della loro presenza più strutturata, anche a seguito  del maggior numero di anni trascorsi in Italia (e quindi in possesso del requisito di residenza decennale), le rimanenti provenienze presentano un peso % inferiore alla presenza in città.

Evidentemente questa cifra può essere apparsa eccessiva al legislatore, che tanto impegno aveva messo nel cercare di limitare l’impatto del beneficio ai cittadini stranieri (anche a costo di ostacolare il buon esito delle richieste di reddito,  qualora provenienti da cittadini italiani che rientrano da paesi stranieri);  ed è qui che la legge di conversione ha messo, successivamente,  qualche paletto in più.

Rimane il requisito decennale, di cui gli ultimi due continuativi;  rimangono confermati  i limiti di reddito e di patrimonio stabiliti dalla norma, solo che ai cittadini stranieri provenienti da paesi extra UE, e solo a loro, viene richiesto di confermare l’ammontare del patrimonio mediante apposita certificazione rilasciata dalle competenti autorità dello stato estero, tradotta in italiano e legalizzata dall’autorità consolare italiana.
Questa disposizione non si applica ai rifugiati politici  e ai cittadini stranieri provenienti da Paesi che hanno stipulato con l’Italia apposite convenzioni.
Altri cittadini stranieri potranno, in futuro, essere esonerati dall’obbligo della certificazione, appena un apposito decreto ministeriale definirà l’elenco dei Paesi impossibilitati a produrre la necessaria documentazione.
C’è da scommettere sui tempi biblici necessari ad emanare il decreto ministeriale, nel frattempo queste sono le condizioni.
Rimane da capire cosa accadrà a chi ha fatto domanda prima che venisse pubblicata la legge di conversione.

Si ricorda che il reddito di cittadinanza è destinato al nucleo familiare, cui fa riferimento l’insieme dei requisiti necessari all’ottenimento, che devono essere tutti posseduti all’atto della domanda.

I nuovi requisiti potrebbero essere un impedimento, ma di questo se ne parlerà dopo le elezioni.

Aveva ragione il ragazzino venuto dal Mali e mai arrivato a destinazione: per avvalorare la buona cittadinanza meglio contare sulla conoscenza, sull’istruzione, sulle competenze.

Lui contava su questo, e anche se la fortuna non gli ha sorriso, rimane l’insegnamento per un valore infinito.