Focus Cgil Milano

Rubrica sul mercato del lavoro migrante in collaborazione con la Camera del Lavoro Metropolitana di Milano.
Se volete inviarci richieste di approfondimento scrivete a info@retemigrazionilavoro.it 

a cura di Antonio Verona
responsabile dipartimento Mercato del lavoro – Formazione e Ricerca di Cgil Milano
http://www.cgil.milano.it/dipartimento/mercato-del-lavoro/

Nelle settimane che coincidono con la conclusione dell’anno scolastico, si rinnovano le speranze dei genitori, l’impegno degli studenti e l’aspettativa di tutti nell’attribuire alla scuola e ai suoi esiti parte fondamentale del riscatto sociale che orienta e anima l’investimento che ciascuno fa per sé e per la propria famiglia.

Forse è proprio questo il momento giusto per analizzare la presenza degli stranieri nella scuola e nel mondo del lavoro osservando, al tempo stesso, i criteri attraverso i quali gli studi possano condizionare l’attività lavorativa e fino a che punto l’istruzione riesca ad avere un ruolo nella crescita sociale dell’intera comunità nazionale e con quali caratteristiche.

Cominciamo con un’osservazione empirica.

E’ sufficiente andare all’uscita di una qualsiasi scuola milanese, ma il discorso può valere per tutti con proporzioni e cifre diverse, per sentire il suono dell’ultima campanella della giornata e vedere correre gruppi di ragazzi e ragazze di etnie diverse, mescolarsi tra loro, accomunati magari da un unico accento che spesso tradisce il linguaggio parlato in famiglia.

La stessa cosa può valere per i campus universitari, sebbene il dato sia massicciamente condizionato dai programmi “Erasmus”  che,  tuttavia, non smentisce  l’affermarsi  di una società cosmopolita che, a dispetto dei sovranismi di diverse marche, delinea i contorni di un diverso contesto sociale.

Serve capire se tutto questo sforzo, anche finanziario, messo in campo dalle famiglie e corrisposto dall’investimento pubblico destinato alla formazione e all’istruzione, trova il giusto riscontro nelle occasioni di lavoro che si proporranno in seguito.

La figura che segue, descrive l’evoluzione negli anni della presenza degli stranieri nel mondo del lavoro e con quale livello di preparazione

Va segnalato l’incremento degli stranieri occupati in Italia, ma questo lo sapevamo già;  ci sorprende che ad aumentare siano soprattutto i laureati, mentre pressoché stazionari sono i diplomati e i lavoratori privi di formazione specifica.

Lo stesso dato suddiviso per genere offre uno spaccato interessante, poiché fa notare che l’incremento dei laureati riguarda soprattutto i maschi stranieri mentre le femmine offrono il contributo più significativo ad abbassare la media dei lavoratori privi di formazione

Tornando agli ambienti scolastici, serve rilevare la corrispondenza tra le prospettive (e le aspettative) per gli studenti di oggi rispetto alla domanda di lavoro di domani, sapendo che oggi ci si trova di fronte a questo dato: l’incremento dell’istruzione liceale e tecnica, a spese della formazione e dell’istruzione professionale.

Forse l’aspirazione più significativa è rivolta ad un futuro accademico ed è un’ambizione ben riposta, dal momento che già si avvertono i primi esiti nella maggior presenza dei laureati tra i lavoratori occupati (Il dato assume valore a fronte del fatto che i laureati occupati in Italia rappresentano una quota di gran lunga inferiore nel confronto con la condizione degli altri paesi europei).

Prima ancora di capire se la prospettiva degli stranieri sia quella di occupare posizioni importanti nel sistema produttiva che verrà, serve analizzare la struttura del sistema produttivo e i mutamenti che si  stanno configurando quale esito della crisi iniziata nel 2008.

A Milano, più che altrove, si conferma un apparato produttivo orientato all’esportazione e, quindi, bisognoso di competenze capaci di favorire l’intermediazione tra culture, costumi e usi differenti (non si tratta solo di interpretariato, pur importante, ma di tutta quella gamma di attività e conoscenze che fanno capo al diffondersi dei diversi stili di vita e dei differenti modelli comportamentali.

Talvolta anche le diversità antropologiche possono segnare il successo o l’insuccesso dei prodotti: è emblematico, a questo riguardo, il rovinoso fallimento della campagna tentata in Cina da un noto marchio di moda, per aver frainteso il modello di bellezza diffuso in quel Paese).

Sarà superfluo ricordare che su questi terreni gli stranieri hanno molto da offrire, quello che ancora stenta a farsi strada è la consapevolezza di quanto le donne siano, tra gli stranieri, in possesso di quel talento naturale capace di creare relazioni e legami utili allo sviluppo delle reti internazionali della produzione e della commercializzazione.

Anche per questa ragione stride quel gap, che va superato velocemente, tra laureati maschi e laureate femmine. Non è solo una questione di genere ma una vera e propria esigenza sociale ed economica.